Lewis si è svegliato da un coma di tre mesi senza poter più camminare né parlare.
All’ospedale di Lusaka sono riusciti a tenerlo in vita ma non a capire quale sia la malattia che lo ha paralizzato.
Un giorno il sole si è spento di colpo e così il suo sogno. La porta era lì davanti e sui suoi piedi il pallone della vittoria. Il calcio è una grande passione in Zambia e quando la gente incontra un italiano per strada gli ricorda subito di quella volta, nell’89, quando lo Zambia ha battuto l’Italia 4-0. Lewis era una vera promessa, sognava di giocare in una squadra europea ma soprattutto nella nazionale del suo paese.
Sulle pareti della stanzetta che questo ragazzo di 15 anni divide con altri tre fratelli e due sorelle c’è ancora appeso il poster di quella squadra di eroi nazionali vittime di un disastro aereo, scoloriti nella carta ma vivi nel ricordo. Appesa a un chiodo ormai anche la maglia numero 9 compagna di tante partite.
Ora i 90 minuti non sono più quelli da trascorrere correndo su un campo da calcio rosso e polveroso, con la gente assiepata ai bordi, ora sono quelli che le volontarie dell’home based care gli dedicano tre volte alla settimana per portare un po’ di sollievo a lui e alla sua famiglia. Sono minuti preziosi in cui le care givers gli fanno fare della fisioterapia che gli provoca grande dolore ma previene le piaghe e l’atrofizzarsi completo dei muscoli; in cui gli fanno il bagno e gli lavano la maglietta con la faccia di Ronaldo che lui si tiene sempre stretta; in cui preparano una cena povera ma sufficiente per sopravvivere.
Qualche amico ogni tanto si affaccia alla finestra per aggiornarlo sugli ultimi risultati del campionato inglese e per un attimo gli occhi di Lewis brillano nel buio della sua casetta di Filanda, compound di Lusaka, sinonimo di povertà. Si sfruttano i minuti di recupero per un’ultima carezza e una preghiera al buon Dio perché mai li abbandoni e al fischio finale la volontaria se ne va, gli amici corrono a giocare e strisciare verso il sole è troppo faticoso.
Così Lewis soffia sulla candela e si copre il viso con gli stracci che gli fanno da lenzuola. Il buio non gli fa paura e si addormenta libero di correre.
Nessun commento:
Posta un commento