martedì 17 gennaio 2012

La Costa Concordia affonda l'economia

E' inclinata su un fianco, appoggiata agli scogli, sommersa per metà dal mare e per intero dagli sguardi e dall'attenzione di tutto il mondo. Parole di cordoglio per la tragedia dei morti, la paura dei vivi e preoccupazioni per l'ambiente minacciato da 2500 tonnellate di carburante pesante. Ma dal ventre squarciato della Costa Concordia, tomba di metallo dei cosiddetti dispersi, tutto ciò che spilla per ora non visto è l'affondamento dell'economia, quel giro di milardi di euro che cola a picco insieme alla nave. Sì perchè ancora non ci si è fermati a pensare a quello che accadrebbe se la Costa dovesse fallire, se dovesse venirle ritirata la licenza di navigazione come è già stato richiesto. Intanto oggi le azioni della Carnival, proprietaria di Costa, sono miseramente naufragate con una perdita di oltre il 17%, che significa milioni di euro di grandi e piccoli investitori gettati ai marosi. Non sono solo le multinazionali a rimetterci, sono anche i risparmiatori di ogni parte del mondo, che hanno affidato i loro soldi ai promoter finanziari delle  banche. Chissà quante telefonate oggi, con gente che si sentiva dire: signora si ricorda i risparmi di una vita che ci ha affidato? Beh sono sul fondo dell'isola del Giglio in pasto ai pesci. Spiacenti. Per non parlare poi degli imprenditori che hanno Costa come cliente principale: immagino il terrore di chi gli fornisce le penne, quelle che 1 passeggero su 2 si porta a casa ad ogni crociera, o di chi gli dà la carta ( che sia cartolina, tovagliolini, intestata o igienica non importa ). Finita la pacchia per chi rifonisce di bevande e generi alimentari, per chi non fa mai mancare le lampadine per quei condomini galleggianti da 4000 persone, per chi provvede alla manutenzione degli impianti elettrici, idrici e quantaltro. Niente più braccialetti di plastica con stampato il logo Costa, da mettere al polso quando si sbarca per un'escursione, niente più convenzioni con i servizi di pullman, unico mezzo di trasferimento sulla terra ferma usato dai croceristi. Basta alle guide turistiche, alle entrate nei musei, nei siti archeologici, negli outlet sparsi per il mondo. Immaginate la disperazione dei negozianti di quei paesi che vivono quasi totalmente sugli introiti della stagione crocieristica, a meno che ovviamente non siano paradisi fiscali craraibici. E che dire dei venditori ambulanti che aspettano pazienti sui moli il ritorno dei turisti  alla nave, dopo una gita? Riescono sempre a piazzare qualche schifezza, nell'aria festaiola che accompagna il crocierista. Fine anche per loro. Bar, ristoranti, alberghi convenzionati perderanno migliaia di clienti. Persino i parcheggi se la passeranno male, senza le auto in sosta lunga durante il viaggio. Le assicurazioni di viaggio non venderanno più pacchetti crociera, mentre le grandi assicurazioni si stanno strappando i capelli all'idea di come trovare i soldi per risarcire tutto e tutti. Persino la Crispo confetti si sta dannando, per il pessimo tempismo con cui ha basato la sua campagna promozionale estate 2012 su "vinci una crociera Costa". Anche le linee aeree perderanno una bella fetta di passeggeri, quelli che portavano volando ai terminal di imbarco. E infine proprio i terminal, come quello nuovo di Savona, che dal 2003 non ha ancora smesso di ampliarsi con costi superiori a 300 milioni di euro. Senza i crocieristi come risaneranno il debito? E i piccoli commercianti, i negozietti, i bar che generalmente vengono presi d'assalto dai turisti in attesa di salire a bordo? A chi venderanno? Chi riempirà le stanze degli alberghi vicini ad un Palacrociere vuoto? Chi venderà immobili in un'area che corre verso il fallimento? Senza il passaggio di 127mila crocieristi l'anno come sopravviverà quella zona? Ed infine penso ai tanti dipendenti della Costa, sparsi su 15 navi da crociera in giro per il mondo. Se la compagnia dovesse fallire ci sarebbero oltre 15mila persone senza lavoro, senza gli stipendi, senza il denaro che, come tutti, reinvestivano nella macchina del commercio e dell'economia globale. E se dovesse esserci un disastro ambientale chi ripagherà l'isola del Giglio? Chi vorrà passeggiare su una spiaggia ritrovandosi sotto i piedi macchie nere di catrame che sa di morte? Chi si immergerà sui fondali che stanno facendo da bara ai passegeri dispersi? La stagione turistica affonderà come la nave. Così la Costa Concordia porterebbe con sè altre sciagure, sparse su ogni rotta  ed itinerario. Il giorno del varo la bottiglia non si ruppe, e l'altra sera, quella dell'incidente, era Venerdì 13. Chi crede alla sfiga in questo caso ne ha ben donde. Chi conosce l'economia trema.

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