La parata del 2 Giugno costerà tra i 2,6 e i 2,9 milioni di euro. Ripeto la parola milioni giusto per chiarezza. Cosa si può fare con tutti quei soldi? Far marciare i soldati, sfilare i carri armati, suonare le fanfare delle bande e cavalcare i cavalli bardati a festa, oltre ovviamente a stare in tribuna con la mano sul cuore a cantare l'inno nazionale. Quello che dice: "che schiava di Roma iddio la creò". Oggi quelle parole sono drammaticamente attuali e veritiere. Siamo schiavi nel nostro paese, schiavi di una classe politica centenaria ed ottusa, che vuole ancora farci credere che una parata militare serva a rincuorare 14mila sfollati e tutti i cittadini che tremano insieme alla terra che calpestano. O che possa farci dimenticare gli imprenditori che si impiccano o si fanno saltare la testa con un fucile perchè soffocati da tasse e debiti. Che riesca a farci illudere che le belle divise, il tricolore e le frecce in volo siano il volto di un'Italia in ripresa, che esce vittoriosa dalla crisi. Napolitano ha detto: "Celebreremo sobriamente il 2 giugno ma lo dedicheremo alla memoria delle vittime, al dolore delle famiglie e anche a momenti di scoramento che devono essere superati. Lo celebreremo perché la Repubblica deve dare conferma della sua vitalità, forza democratica, serenità e fermezza con cui affronta le sfide".
Sobriamente, spendendo solo quasi 3 milioni di euro. Ma a sto vecchio scemo e a tutti i politici di merda come lui lo vogliamo dire in coro un bel vaffanculo? Invece di smetterla con queste cagate da regimi della seconda guerra mondiale, e utilizzare i soldi pubblici, i nostri soldi, per il bene e la ricostruzione del paese, li buttano per mostrarci le armi, i cannoni, i fasti di un colonialismo morto e sepolto di cui non frega niente a nessuno. E per aiutare i terremotati pagheremo di nuovo noi, con l'accisa sulla benzina aumentata di 2 centesimi. Prezzi alle stelle e tasche vuote. La terra trema, i palazzi crollano, ma nulla smuove chi ci dovrebbe governare e va avanti imperterrito nella distruzione del paese nonostante la voce della gente che grida: mabasta!
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